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APPROFONDIMENTO MENSILE: NOVITA’ NORMATIVE, GIURISPRUDENZIALI E DOTTRINARIE PER ORIENTARSI NEL MONDO DEL DIRITTO D’IMPRESA
RASSEGNA GIURISPRUDENZIALE:
DIRITTO PENALE TRIBUTARIO E SOCIETARIO
REATI TRIBUTARI
CASISTICA
DICHIARAZIONE FRAUDOLENTA MEDIANTE USO DI FATTURE O ALTRI DOCUMENTI PER OPERAZIONI INESISTENTI EX ART. 2 D.LGS. N. 74/2000
In tema di frodi carosello, l'adempimento dell'obbligazione tributaria che abbia comportato il vantaggio diretto e immediato dell'estinzione del reato e dell'archiviazione del procedimento penale per la cartiera che ha pagato non produce l'ulteriore vantaggio in favore dell'utilizzatore in termini di detraibilità dell'IVA e quindi di diritto al dissequestro dei beni sequestrati. Infatti, anche in tale evenienza, la regola della indetraibilità in conseguenza della frode fiscale non è derogata.
DICHIARAZIONE INFEDELE EX ART. 4 D.LGS. N. 74/2000
Cass. pen., Sez. III, 26.2.2024, n. 8141.
In tema di reati tributari, il prestanome non risponde dei delitti in materia di dichiarazione solo se è privo di qualunque potere o possibilità di ingerenza nella gestione della società, circostanza non ricorrente nel caso in cui questi abbia esercitato il potere di sottoscrizione delle dichiarazioni annuali.
OMESSA DICHIARAZIONE EX ART. 5 D.LGS. N. 74/2000
Cass. pen., Sez. III, 28.2.2024, n. 8644.
In tema di successione di leggi penali, la modificazione in melius della norma extrapenale richiamata dalla disposizione incriminatrice esclude la punibilità del fatto precedentemente commesso solo se attiene a norma integratrice di quella penale. Posto che la disciplina relativa al regime fiscale agevolato per le associazioni sportive dilettantistiche, che è stata oggetto di variazioni, non è direttamente richiamata dalla disposizione penale (relativa al delitto di omessa dichiarazione) né può ritenersi essere integratrice di questa, avendo la sua modifica lasciato del tutto invariati sia gli elementi costitutivi che le soglie di punibilità della disposizione penale, evidentemente l’avvenuta elevazione (da 250.000 a 400.000 euro) del limite dei proventi previsto per il godimento del beneficio fiscale non opera quanto agli eventuali effetti penali (indiretti) della violazione della disposizione tributaria.
Cass. pen., Sez. III, 7.3.2024, n. 9709.
In tema di IRES, ai fini del giudizio di prevalenza di cui all’art. 149 del T.U.I.R. - secondo cui, indipendentemente dalle previsioni statutarie, l’ente perde la qualifica di ente non commerciale qualora eserciti prevalentemente attività commerciale per un intero periodo d’imposta -, l’attività di insegnamento erogata dalle Università non statali non costituite sotto forma di società commerciali deve essere valutata insieme con tutte le altre attività, anche commerciali, eventualmente svolte dal medesimo ente nel periodo di imposta di riferimento.
SOTTRAZIONE FRAUDOLENTA AL PAGAMENTO DI IMPOSTE EX ART. 11 D.LGS. N. 74/2000
Cass. pen., Sez. III, 28.2.2024, n. 8659.
Il reato de quo è un reato di pericolo eventualmente permanente, il quale si perfeziona nel primo momento di realizzazione della condotta finalizzata ad eludere le pretese del fisco e la cui consumazione può protrarsi per tutto il tempo in cui vengono posti in essere altri atti idonei a mettere in pericolo l'obbligazione tributaria.
SEQUESTRO PREVENTIVO EX ART. 12-BIS D.LGS. N. 74/2000
Con riferimento alla confisca obbligatoria, sebbene il giudice di appello, in mancanza di gravame del pubblico ministero, non possa disporre la confisca non ordinata dal giudice di primo grado, ostandovi il divieto di reformatio in peius, cionondimeno all'omissione del provvedimento può porsi rimedio in sede di esecuzione, ai sensi dell’art. 676 c.p.p.
Cass. pen., Sez. III, 7.3.2024, n. 9709.
In caso di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto del reato tributario, l'ente proprietario del bene sequestrato può dedurre in sede di riesame questioni relative tanto al fumus del reato quanto al periculum in mora.
REATI TRIBUTARI
Cass. pen., Sez. III, 4.3.2024, n. 9216.
In tema di reati tributari, la preclusione al patteggiamento posta dall'art. 13-bis, co. 2, D.Lgs. n. 74/2000 per il caso di mancata estinzione del debito tributario prima dell'apertura del dibattimento opera solo con riguardo ai più gravi reati dichiarativi di cui agli artt. 2, 3, 4 e 5, richiamati dall'art. 13, co. 2 dello stesso decreto, dal momento che, in tali ipotesi, l'integrale pagamento del debito effettuato prima del predetto termine, ma dopo la formale conoscenza, da parte dell'autore del reato, di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo di procedimenti penali, vale solo a ridurre il disvalore penale del fatto e non esclude la punibilità, mentre non opera per i reati di omesso versamento di cui agli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, richiamati dall'art. 13, co. 1 D.Lgs. citato, per i quali l'estinzione del debito determina la non punibilità e, quindi, non può valere quale condizione per accedere al patteggiamento.
In definitiva, dunque, possono porsi tre distinte ipotesi:
BANCAROTTA FRAUDOLENTA EX ART. 322 CCII
Cass. pen., Sez. V, 29.2.2024, n. 8921.
Le condotte riferibili alla sottrazione e distruzione dei libri e delle altre scritture contabili integrano gli estremi del reato di bancarotta documentale fraudolenta solo laddove sorrette da dolo specifico; solo, cioè, qualora si accerti che scopo di esse sia quello di recare pregiudizio ai creditori. Ed è proprio tale finalità a distinguere la bancarotta fraudolenta da quella semplice documentale, prevista dall'art. 217 L. Fall. e punita anche a titolo di colpa, con riferimento all'omissione della tenuta delle scritture.
Cass. pen., Sez. V, 15.3.2024, n. 11093.
L'annotazione originaria di dati oggettivamente falsi nella contabilità (ovvero l'omessa annotazione di dati veri), sempre che la condotta presenti le ulteriori connotazioni modali descritte dalla norma incriminatrice, integra sempre e comunque la seconda ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale descritta dall'art. 216, co. 1, n. 2) L. Fall.
Cass. pen., Sez. V, 15.3.2024, n. 11096.
Integra il delitto de quo l'omesso versamento dell'imposta sul valore aggiunto e dei contributi previdenziali e assistenziali che abbia causato il dissesto della società, potendo il reato fallimentare concorrere con quello tributario e con quello previdenziale in ragione della diversità sia dei beni tutelati, sia della struttura dei reati.
In tema di bancarotta fraudolenta documentale, l'occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa - in seno all'art. 216, co. 1, lett. b) L. Fall. - rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest'ultima integra un'ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi.
DIRITTO E PROCESSO PENALE
È illegittimo il rigetto della richiesta di applicazione della pena sostitutiva solo perché ritenuta generica e tardiva, in ragione della mancata specificazione dell'ente disponibile a ricevere le prestazioni lavorative dell'imputato e della qualità delle allegazioni idonee a documentare la ricerca dell'ente stesso, poiché in tal modo il giudice fa applicazione di una decadenza dall'accesso alla pena sostitutiva che non ha fondamento nel dato normativo.
DIRITTO CIVILE TRIBUTARIO E SOCIETARIO
DIRITTO TRIBUTARIO
ERRATA QUALIFICAZIONE DELLA CATEGORIA REDDITUALE
Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Puglia, 20.2.2024, n. 648/29.
La diversa qualificazione della fonte di produzione della ricchezza non incide sugli elementi costitutivi della pretesa fiscale. Di conseguenza l'errata o imprecisa indicazione della categoria reddituale nell'avviso di accertamento non costituisce circostanza di per sé sufficiente a determinare la nullità dell'avviso.
LA CONSULENZA TECNICA D’UFFICIO NEL CONTENZIOSO TRIBUTARIO
Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Puglia, 5.3.2024, n. 875/23.
La consulenza tecnica d’ufficio (CTU) non può costituire il presupposto per formulare nuove domande, introdurre nuove eccezioni o prospettare motivi aggiunti ex art. 24, D.Lgs. n. 546/1992. La CTU, infatti, non può essere utilizzata al fine di sollevare la parte dall’onere di provare quanto assume; nel contenzioso tributario, la possibile acquisizione d'ufficio di mezzi di prova è norma eccezionale, la quale preclude al giudice di sopperire alle carenze istruttorie delle parti.
DISCIPLINA NAZIONALE SULLE SOCIETÀ DI COMODO E DETRAZIONE IVA
Corte di Giustizia dell'Unione Europea, 7.3.2024, n. 210/3.
Al soggetto passivo IVA non può essere negato il diritto di detrazione dell’IVA assolta, a monte, esclusivamente perché non raggiunge, a valle, una certa soglia di operazioni rilevanti, determinata normativamente. In virtù di tale principio, la Corte di giustizia dell’Unione Europea ha ritenuto incompatibile con la normativa eurounitaria il regime sulle “società di comodo” (art. 30 L. n. 724/1994), nella parte in cui limita il diritto di detrazione per i soggetti passivi dell'IVA. Da un lato, infatti, la Corte ricorda che nessuna disposizione della direttiva IVA (direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006) subordina il diritto alla detrazione a requisiti quantitativi; dall’altra parte, in ossequio ai principi di neutralità dell’IVA e di proporzionalità, il diritto alla detrazione può essere negato al soggetto passivo solo qualora sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che esso è invocato fraudolentemente o abusivamente.
IMPUGNABILITÀ DELLA COMUNICAZIONE DI PRESA IN CARICO
Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, 8.3.2024, n. 1730/13.
La comunicazione di presa in carico, quando non è preceduta dalla notifica di un avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate, si configura come atto prodromico dell’esecuzione forzata in danno del contribuente e, in quanto tale, assume efficacia lesiva ed è impugnabile, anche se tale comunicazione non è inserita nell’elenco degli atti impugnabili previsti per legge. Secondo la Corte, una moderna lettura dei principi costituzionali, insieme alla più recente elaborazione processuale civilistica, conducono a ritenere che l'originario elenco di atti impugnabili non costituisce più numero chiuso, ma è possibile una sua integrazione.
ANTIECONOMICITÀ DELL’IMPRESA E COSTI NON INERENTI
Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Piemonte, 8.3.2024, n. 114/2.
L’antieconomicità del costo del personale non dimostra la non inerenza dello stesso alle attività del contribuente. Una gestione apparentemente antieconomica non è necessariamente sintomo di evasione, bensì può derivare da legittime ragioni che hanno portato l’imprenditore a compiere tali scelte. Pertanto, anche la valutazione dell’inerenza deve essere apprezzata attraverso un giudizio qualitativo, scevro da riferimenti di utilità o di vantaggio, afferenti a un giudizio quantitativo, e deve essere distinta dalla nozione di congruità del costo.
SENTENZE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA E RAPPORTI GIÀ DEFINITI
Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sicilia, 8.3.2024, 1989/3.
Le pronunce della Corte di giustizia dell’Unione europea, così come quelle della Corte Costituzionale che dichiarano l’illegittimità di una norma nazionale, non incidono sui rapporti già definiti. Questi ultimi devono essere intesi come tutti quelli in cui è intervenuta una sentenza irrevocabile, ovvero non sia stato impugnato l’atto applicativo, oppure siano maturate la prescrizione e la decadenza.
In caso di accertamento di maggiori utili non dichiarati nei confronti di una società a responsabilità limitata a socio unico, non è consentito alla stessa invocare la 'protezione' di un cd. scudo fiscale attivato ex art. 13-bis D.l. n. 78/2009, conv. dalla L. n. 102/2009, dal suo socio e legale rappresentante, attesa la preclusione per le società di capitali - stante il rinvio compiuto dal co. 5 di detto articolo all'art. 11 D.l. n. 350/2001, conv. dalla L. n. 409/2001 - e dunque altresì di giovarsi degli effetti del rimpatrio operato da detto soggetto esclusivamente come persona fisica.
La cartella di pagamento, in quanto atto che assolve la duplice funzione di notificazione del titolo esecutivo e di intimazione di pagamento, è priva di efficacia esecutiva e, in quanto tale, non è atto con il quale inizia la procedura esecutiva, il cui incipit è rappresentato dal pignoramento.
In tema di notificazione degli atti impositivi, prima di effettuare la notifica secondo le modalità previste dall'art. 60, comma 1, lett. e), d.P.R. n. 600/1973 in luogo di quella ex art. 140 c.p.c., il messo notificatore o l'ufficiale giudiziario devono svolgere ricerche volte a verificare l'irreperibilità assoluta del contribuente, ossia che quest'ultimo non abbia più né l'abitazione né l'ufficio o l'azienda nel Comune già sede del proprio domicilio fiscale. Poiché dunque, ai sensi dell'art. 60, co. 1, lett. e) d.P.R. n. 600/1973, l'affissione nell'albo municipale dell'avviso del deposito nella casa comunale di un avviso di accertamento è modalità sostitutiva idonea dell'affissione alla porta dell'abitazione, ufficio o azienda (art. 140 c.p.c.) del destinatario soltanto se non è possibile reperire effettivamente tali luoghi nel comune ove il contribuente ha il domicilio fiscale, malgrado le ricerche del messo notificatore, se queste - secondo giudizio di fatto insindacabile in sede di legittimità - sono state insufficienti la notifica dell'avviso di accertamento, senza il rispetto degli adempimenti prescritti dall'art. 140 c.p.c., non è valida.
OBBLIGO DELLA COMUNICAZIONE
Il disposto di cui all'art. 36-bis del d.P.R. n. 600/1973, sia pure senza prevedere una sanzione da inadempimento, generalizza l'obbligo della "comunicazione", che, nelle intenzioni del legislatore, assolve al compito di evitare la reiterazione degli errori (ovvero di favorire l'esattezza e correttezza) delle "dichiarazioni successive".
ABUSO DEL DIRITTO
Cass. civ., Sez. V, 25.3.2024, n. 8000.
In materia tributaria, ricorre l'abuso del diritto, enucleabile in base ai principi di capacità contributiva e di progressività ex art. 53 Cost., ogni qual volta si sia in presenza di una o più costruzioni di puro artificio che, pur se non contrastanti con alcuna specifica disposizione, sono realizzate al fine di eludere l'imposizione e siano prive di sostanza commerciale ed economica; di talché, per configurare la condotta abusiva è necessaria un'attenta valutazione delle "ragioni economiche" delle operazioni negoziali che sono poste in essere, in quanto, se le stesse sono giustificabili in termini oggettivi, in base alla pratica comune degli affari, minore o del tutto assente è il rischio della pratica abusiva; se, invece, tali operazioni, pur se effettivamente realizzate, riflettono, attraverso artifici negoziali, assetti di "anormalità" economica, può verificarsi una ripresa fiscale là dove è possibile individuare una strada fiscalmente più onerosa. In tal senso, la prova dell'elusione deve incentrarsi sulle modalità di manipolazione funzionale degli strumenti giuridici utilizzati, nonché sulla loro mancata conformità ad una normale logica di mercato.
DIRITTO SOCIETARIO
CONCORDATO PREVENTIVO
Negli accordi di ristrutturazione dei debiti e nei piani del consumatore è possibile prevedere la dilazione del pagamento dei crediti prelatizi anche oltre il termine di un anno dall'omologazione previsto dall'art. 8, co. 4 L. n. 3/2012, e di là dalle fattispecie di continuità aziendale, purché si attribuisca ai titolari di tali crediti il diritto di voto a fronte della perdita economica conseguente al ritardo con cui vengono corrisposte le somme ad essi spettanti o, con riferimento ai piani del consumatore, purché sia data loro la possibilità di esprimersi in merito alla proposta del debitore.
CRISI D’IMPRESA
In caso di accertata responsabilità degli amministratori per atti gestori non conservativi dell'integrità e del valore del capitale, dopo il verificarsi di una causa di scioglimento della società, il criterio liquidativo del danno è quello del differenziale tra i patrimoni netti, a meno che, in causa, non siano dedotti e individuati elementi di fatto legittimanti l'uso di un diverso criterio liquidatorio, più aderente alla realtà del caso concreto.
FALLIMENTO
In sede di accertamento dello stato passivo e ai fini della decisione circa l'opponibilità al fallimento di un credito documentato con scrittura privata non di data certa, mediante la quale voglia darsi la prova del momento in cui il negozio è stato concluso, il giudice di merito, ove sia dedotto un fatto diverso da quelli tipizzati, ha il compito di valutarne, caso per caso, la sussistenza e l'idoneità a stabilire la certezza della data del documento, con il limite del carattere obiettivo del fatto, il quale non deve essere riconducibile al soggetto che lo invoca e deve essere, altresì, sottratto alla sua disponibilità.
NORMATIVA:
“Contrasto alle frodi IVA: il D.Lgs. 13/2024 rafforza la figura del rappresentante fiscale” di Matteo Dellapina, da “Altalex – Il QG”, 26.3.2024.
L’art. 4 del D.Lgs. n. 13/2024, che ha novellato il D.Lgs. n. 633/1972 e il D.Lgs. n. 471/1997, ha introdotto ulteriori misure per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni evasivi e fraudolenti in ambito IVA. In particolare, il decreto in questione rafforza la figura del rappresentante fiscale, che dovrà essere in possesso dei requisiti soggettivi di cui all’art. 8 del D.M. n. 164/1999 (a mero titolo esemplificativo, non aver riportato condanne, anche non definitive, o sentenze ex art. 444 c.p.p. o ancora procedimenti penali pendenti per reati finanziari). Non soltanto, in caso di nomina di una persona giuridica, tali requisiti dovranno essere posseduti dal legale rappresentante della stessa.
RASSEGNA DOTTRINALE:
DIRITTO PENALE TRIBUTARIO
“Confisca diretta delle somme di denaro affluite sul conto corrente della società dopo la commissione del reato” con commento di Ciro Santoriello, da “Il fisco”, n. 11/2024, pag. 1066 ss.
Sentenza di riferimento: Cass. pen., Sez. III, 14.2.2024, n. 6576.
Con la sentenza citata la Suprema Corte ha qualificato come profitto del reato le somme di denaro affluite sul conto corrente intestato alla persona giuridica anche successivamente alla commissione del reato da parte del suo legale rappresentante, ritenendo pertanto applicabile la confisca diretta ex art. 12-bis D.Lgs. n. 74/2000. La Cassazione precisa, altresì, che per la società il profitto consiste nel vantaggio del risparmio di spesa conseguente all’omesso versamento delle imposte derivante dalle indebite compensazioni.
“Artificio o inganno necessari per il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte” con commento di Ciro Santoriello, da “Il fisco”, n. 12/2024, pag. 1171 ss.
Sentenza di riferimento: Cass. pen., Sez. III, 28.2.2024, n. 8643.
Con riferimento al delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, la Suprema Corte ha statuito che gli atti dispositivi compiuti dal contribuente imputato che determinano il trasferimento effettivo del bene assumono rilevanza solo nel caso in cui gli stessi risultino connotati da elementi di inganno o artificio e dunque da stratagemmi finalizzati a sottrarre all’esecuzione fiscale le garanzie patrimoniali genericamente assicurate dal contribuente. Non assume invece rilevanza penale – prosegue la Cassazione - l’atto di vendita immobiliare privo di tali elementi sintomatici della natura fraudolenta, anche se nella stessa persona coincidono la qualifica di soggetto venditore e quella di soggetto acquirente in favore proprio, dal momento che si tratta di una mera coincidenza, di per sé non espressiva di alcun artificio, inganno o menzogna.
DIRITTO CIVILE
PRIVACY
“Privacy: no alla conservazione prolungata dei dati relativi all’esdebitazione di una persona” di Claudio Bovino, da “Altalex – Il QG”, 7.3.2024.
Con la sentenza Schufa del 7 dicembre 2023 nelle cause riunite C-26/22 e C-64/22, la Corte di Giustizia dell’UE ha affermato che il trattamento di dati relativi alla concessione di un’esdebitazione da parte di una società che fornisce informazioni commerciali, quali la conservazione, l’analisi e la comunicazione di tali dati a terzi, costituisce una grave ingerenza dei diritti fondamentali della persona interessata ai sensi degli artt. 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, dal momento che tali dati costituiscono un fattore negativo per la valutazione del merito creditizio dell’interessato e sono da considerarsi, pertanto, informazioni sensibili sulla sua vita privata. In tal senso, l’interessato ha il diritto di opporsi al trattamento e alla cancellazione dei dati, a meno che non sussistano motivi legittimi prevalenti.